Tuesday, 30 June 2009

Gesù e Maometto, Parte I (in Italian)

” Ildebrando A. Santangelo Comunità Editrice 95031 Adrano (Catania)”

I - MAOMETTO

Muhammad, ossia in italiano Maometto, nacque alla Mecca tra il 570 e il 580 d.C. dalla stirpe dei Curasciti (Quraysh). Suo padre Abd-Allah, morí prima che egli nascesse. Sua madre, Aminah bint Wabb, morí quando egli aveva 9 anni. Maometto fu affidato prima al nonno paterno, Abd al Muttalib, poi allo zio Abu Talib. Il ragazzo ebbe un'infanzia triste, rievocata nella Sura 93. I piú antichi autori arabi della « vita di Maometto » riferiscono che quando questo fanciullo passava « gli arbori si piegavano, le rupi erano agitate e si piegavano dall'alto in basso per mostrare il rispetto che di lui avevano » (Peirone, Il Corano, 1, p. 38). Fin da principio si scorge la leggenda. Religiosamente la Mecca era pagana, con un pantheon di divinità, tra le quali il Corano ricorda: Al-lat (la dea per eccellenza), Al-uzza (la dea potente), Al-manat (la dea della morte), Al-waddu (il dio dell'amore), Al-Hubal e Allah (il Dio supremo), ossia Allah-akbar, di cui tutti erano figli.

Erano ancora presenti nella Mecca il culto delle pietre (del quale resta un residuo nell'Islamismo nel culto della pietra nera della Ka’ba), il culto delle sorgenti (di cui resta un residuo nel culto della sorgente di Zemsen) e degli alberi.

Nella Mecca c'erano molti ebrei, come nel resto dell'Arabia, venutivi in due ondate: nella distruzione di Gerusalemme, nel 70, e sotto Adriano nel 138.

Gli ebrei erano installati soprattutto nella zona di Medina, dove avevano occupato e coltivato tutto i1 buon terreno raggiungendo un alto livello di benessere e una grande influenza sociale, e si erano arabizzati al punto che il re dell'Arabia del Sud, Dhu Nuwas, si era convertito all'ebraismo.

Anche i cristiani erano presenti nell'Arabia; ma quasi tutti eretici e schiavi e, quindi, senza alcuna influenza sociale: essi non avevano i Vangeli e se li trasmettevano oralmente, attingendo, soprattutto ai Vangeli apocrifi, quali il Vangelo di Giacomo e il Vangelo dell'infanzia. D'altronde l'analfabetismo in Arabia era quasi totale.

In tale ambiente crebbe Maometto; non tardò a subire l'influsso ebraico, per cui abbandonò l'idolatria e si convertí al monoteismo ebraico; tuttavia gli piacevano i racconti della vita di Gesú e si fece amico di uno schiavo cristiano.

Divenuto carovaniere, un giorno passando vicino a una «laura », ossia a un eremo, vi trovò un monaco di nome Serghiu; restò colpito dalla sua vita di preghiera e di penitenza e restò alcuni giorni presso di lui. L'esempio di quella vita lo colpí profondamente e, a suo tempo, orientò la sua predicazione alla preghiera e alla penitenza.

A trent'anni si sposò con la ricca vedova Khadigah, dieci anni piú grande di lui, e ne ebbe quattro figlie.

Dopo un po' di anni, stanco di tutto, si ritirò dal mondo e si rifugiò nella caverna di Hira, vicino alla Mecca.

Lí, riflettendo su tutte le sue esperienze passate, le sue idee su Dio, quali gliele avevano comunicate gli ebrei, divennero chiarissime e sentí di avere la missione di farle conoscere a tutti. Tale missione non fu preceduta da alcuna preparazione, ma si manifestò d'un colpo.

Uscito dalla caverna si mise a predicare ai meccani il monoteismo, dichiarandosi inviato da Dio. Un drappello di contadini co­minciò a seguirlo e con essi Maometto fece la prima « umma », ossia la prima comunità.

Maometto non scrisse nulla; tutta la sua azione consistette nella predicazione di concetti e di frasi che egli andava ripetendo come una poesia; né d'altronde, in un paese di analfabeti si poteva diversamente. Tale metodo di predicazione è rimasto vivo presso i mussulmani fino ad oggi, ed è la loro catechesi. Il contenuto di tale prima predicazione sono le prime sure, ossia i primi capitoli del Corano. Corano equivale a recitazione.

Intanto i meccani, quando Maometto cominciò a farsi notare, gli chiesero un segno di essere egli veramente mandato da Dio, ossia un miracolo che ne garantisse la missione da parte di Dio.

Maometto rispose: « E segno che io vi do è la dottrina stessa che io vi predico ». I meccani, naturalmente, non accettarono tale garanzia e gli dichiararono guerra.

Tale lotta fu veramente aspra e durò nella Mecca per dieci anni; tanto che parte dei membri dell'umma dovette emigrare in Etiopia. A un certo punto la situazione di Maometto divenne disperata. Fortunatamente egli venne in contatto con un gruppo di commercianti di Yathrib, sita a 400 km dalla Mecca, e li conquistò alle sue idee. Essi gli assicurarono l'adesione della loro città; e allora Maometto se ne partí alla volta di Yathrib: era l'anno 622. Tale anno segna la nascita dell'Islam: ed è il I anno dell'egira. Da allora Yathrib venne chiamata Medina.

Allora Maometto, che aveva già assimilato alla Mecca una grande quantità dei racconti del Vecchio Testamento e ne aveva fatto oggetto della sua predicazione coranica, per darle maggiore credito, e che cominciava a pensare di dare una svolta politica alla sua missione e a costruire uno stato islamico, pensò alla grande utilità per la sua causa di un'allenza e di un'assoggettazione degli ebrei; e per meglio legarli a sé ordinò a tutti i suoi seguaci di fare tutte le preghiere di adorazione prostrati a terra e rivolti a Gerusalemme.

Se si fosse mantenuto nella semplice predicazione del monoteismo e avesse voluto fare uno stato islamico, Maometto avrebbe avuto sempre la fedeltà degli ebrei, anzi li avrebbe attirati da tutta l'Arabia e stati limitrofi, perché essi avrebbero pensato di ricostruire lo Stato d'Israele, fosse pure senza il titolo specifico; ma egli nell'euforia del successo cominciò a predicare di essere l'ultimo dei profeti e il suggello dei profeti; e allora tutti gli ebrei si ribellarono in blocco a lui e da lui si distaccarono. Allora Maometto, per ripicca, ordinò a tutti i suoi seguaci di fare le loro preghiere rivolti non piú a Gerusalemme, ma alla pietra nera della Ka'ba meccana. Dopo aver bene rassodato la sua umma a Medina sia religiosamente che politicamente, Maometto cominciò a pensare di conquistare la Mecca, sua città natale; e, incoraggiato dal successo di una scaramuccia contro una carovana meccana e contro i soldati meccani accorsi per difenderla, mosse guerra nel 625 (3° dell'egira) contro la Mecca; ma ne restò pienamente sconfitto. Nel 628 (6° dell'egira) tentò una rivincita, ma fu bloccato dai meccani presso Hudaybiyyah. Allora Maometto ricorse all'astuzia e alla frode: fece di tutto per ottenere dai meccani un trattato di mutua non aggressione per dieci anni. Ottenutolo, dopo due anni lo infranse unilateralmente, marciò contro la Mecca con le sue truppe e, trovatala disarmata, facilmente la conquistò. Quindi Maometto, assoggettate facilmente alcune tribú dei dintorni della Mecca, ritornò a Medina, divenuta il centro politico della nuova religione-stato.

Lí con la sua instancabile entusiasmante predicazione mise le basi di quello che doveva in seguito divenire l'impero islamico. Morí nel 632 (11° dell'egira).

VALORE DI MAOMETTO E DEL CORANO

Maometto è stato senza dubbio un grande uomo e trascinatore di folle. I suoi contatti con gli ebrei e con i cristiani gli diedero la certezza della fede in un solo Dio, e, contemporaneamente la coscienza della sua discendenza da Abramo, padre di Ismaele capostipite degli arabi, e di Isacco, capostipite degli ebrei. I suoi contatti con monaci cristiani gli fecero conoscere la grandezza, la bontà e lo zelo di Gesú e quindi la bellezza di Maria, madre di Gesù, per cui concepí un'immensa stima per entrambi, come manifesta ripetutamente nel Corano. I suoi contatti con cristiani eretici, particolarmente con ariani, gli diedero la convinzione che Gesú era stato un grandissimo profeta; ma solo questo; e stimò e raccomandò il Vecchio e il Nuovo Testamento come libri rivelati da Dio.

Convintosi che egli era l'ultimo e il piú grande dei profeti per ristabilire in tutto il mondo la fede nell'unico vero Dio, si diede, anima e corpo, a questa grande missione.

La sua opera fu veramente grande: egli riuscí, a prezzo di grandi sacrifici e di grandi lotte, a convertire alla fede nell'unico vero Dio moltissime popolazioni pagane e a fondare un grande impero mussulmano e una delle piú grandi religioni della Terra.

Il Corano, che egli andò predicando dovunque poté arrivare, è una bella e ricchissima miniera di grandi verità e di santi precetti per una vita veramente religiosa e umana.

È impossibile trascriverli tutti; si dovrebbe trascrivere quasi l'intero Corano. Ne citiamo soltanto un po':

a) Su Dio

Il Dio, egli è il Dio! Non vi è altro Dio se non lui; egli è il sovra­o, il santo, egli è la pace, il fedele; egli è il vigilante e l'onnipotente; egli è il fortissimo e il padrone di ogni grandezza. Si canti a lui l'osanna!

Il Dio! Egli è il creatore, il plasmatore, il formatore di ogni essere. Gli appartengono per diritto tutti i piú bei nomi.

« Tutto il creato, in cielo e in terra, canta osanna; egli è il potente, il saggio » (S LIX, 22-23-24).

Proclama: « Sia che nascondiate accuratamente ciò che è nel vostro intimo, sia che lo divulghiate, lo conosce Dio, lui che sa assai bene ciò che è in cielo e ciò che è in terra. Il Dio su ogni cosa è onnipotente » (S III, 2g).

« Non hanno prestato attenzione agli uccelletti sottomessi alle leggi del volo nell'aere? Nessuno li sostiene tranne il Dio. Eccoli veramente i segni per coloro che credono » (S XVI, 79).

« Lui (Dio), proprio lui è verità, e ciò che gli altri invocano fuor di lui è falsità. Il Dio! Egli è l'altissimo, il grande veramente (S XXII, 62).

b) Sul fare il bene

« Chi fa il bene lo fa tutto a suo vantaggio; chi fa il male danneggia se stesso. Al Signore sarete ricondotti » (S xLv, 15)

« Fortunati coloro che credono e operano per il bene! Il Signore li farà entrare nella sua misericordia, e questa è veramente gioia incontestata» (S XLV, 30).

« Osservate la preghiera; non siate avari nelle largizioni; ritroverete presso il Dio il bene che avrete prima fatto a voi stessi... Dio vede ciò che fate con chiarezza » (S II, 110).

«Non è espressione di pietà volgere il volto a oriente o a occi­dente. È pietà, invece, credere al Dio, credere al giorno finale e agli angeli e alla Scrittura e ai nabi;(*)= (profeta, colui che parla in nome di Dio senza fondare comunità) è pietà impoverirsi, per suo amore, e largheggiare in beni verso i parenti, gli orfani, gli emarginati, i pellegrini, i mendicanti; è pietà sciogliere le catene ai prigionieri, stabilire il tempo per la preghiera e fare l'elemosina. Quelli che mantengono gli impegni assunti, i pazienti davanti al­la sferza del destino e alla disgrazia e al momento del pericolo... quelli sono giusti, quelli sono i timorati del Dio » (S II, 177).

« O credenti! Temete il Dio! Rinunciate alla vita di strozzini, se veramente siete dei credenti ».

« Se agite diversamente riceverete l'ultimato della guerra da parte del Dio e del suo rasul; ma se vi pentirete, tornerà a voi il capitale e non sarete danneggiati».

« Concedete dilazione al debitore fino a che sia in grado di pa­garvi; ma sarà meglio che gli condoniate tutto; sarà meglio per voi. Se almeno ne foste coscienti!» (S II 278-279-290).

« Non fare boccacce al tuo prossimo; non camminare pestando con arroganza i piedi per terra. Infatti Dio non ama in modo piú assoluto i presuntuosi farciti di vana gloria ».

« Modesto sia il tuo modo di incedere; non alzare mai il volume della tua voce, ché la piú detestata delle voci è il ragliare degli asini» (S XXXI, 18-19).

« O figlio mio, osserva i tempi della preghiera; domanda le cose che sono buone; impedisci le cose sconvenienti e porta pazienza nelle avversità » (S XXXI, 17).

Conforta: « O schiavi, schiavi miei che avete contro voi peccato! Non disperate della misericordia di Dio. Il Dio tutti i peccati perdona. Egli è il perdonante misericordioso » (S XXXIX, 53).

«Fate un patto col Dio? Mantenetelo. Avete fatto dei giuramenti? Non violateli. Soprattutto se si tratta di giuramenti solidi e avete preso Dio come garante. Sa bene Dio ciò che operate » (S XVI, 91).

c) Vita eterna

« Ben presto avranno fine le cose vostre, ma quelle che si trovano presso il Dio non finiranno mai. Pagheremo una buona mercede a coloro che furono pazienti e costanti per ricompensa delle loro ottime azioni ».

« Chiunque opera per il bene, maschio o femmina credente, avrà in premio esistenza felice, e li ricompenseremo delle loro azioni piú belle » (S XVI, 96-97).

« La vita di quaggiú è diventata effimera e giochi di bambini, mentre la vita eterna è solo vera vita » (S XIX, 64).

« Quel giorno (quello del giudizio universale) squillerà la trom­ba. Che spavento, Signore, per quelli che in cielo già saranno e per quelli che in terra ancora si troveranno! Tutti a lui andranno contriti » (S XVII, 87).

« Chi si presenterà con un granello di bene, troverà un bene an­cora piú grande e si troverà al riparo dall'angoscia; ma chi verrà portando avanti il male gli sarà esposta la faccia vicinissima al fuoco ».

« Il giorno in cui raduneremo i pii presso il trono dell'abbon­dante in misericordia, saranno trattati con mille riguardi; e spin­geremo in truppa i malfattori al gaharinam, proprio come si spin­gono i greggi verso il pozzo » (S XIX, 85-86).

II - LIMITI DI MAOMETTO E DEL CORANO

1) Moralità di Maometto

Nel Vecchio Testamento Dio mai autorizzò qualcuno ad avere diverse mogli; e se tanti ne ebbero parecchie, specialmente i re, lo fecero senza alcuna autorizzazione, né approvazione di Dio.

I
profeti
, poi, a cominciare da Mosè fino all'ultimo, Zaccaria, ebbero tutti una sola moglie; anzi alcuni si mantennero celibi, come Elia.

Nel Nuovo Testamento i costumi divennero molto piú rigidi, come vedremo, fino alla proibizione di sguardi e di desideri di altre donne; e Gesù non soltanto diede l'esempio della piú perfetta purezza e della piú angelica verginità, ma, contemporaneamente diede il massimo elogio a tale virtú.

In
Maometto
vediamo perfettamente il contrario: ha 15 mogli e una grandissima quantità di concubine; non permette ad alcun suo seguace di avere un qualunque dialogo con alcuna di esse; invaghitosi della moglie del suo figlio adottivo Zaid, caccia Zaid e si prende sua moglie; e avendo il fatto suscitato grande scandalo, Maometto, nella Surra XXXIII, 4, fa dire a Dio che i figli adottivi non hanno gli stessi diritti dei figli naturali, e nei seguenti versetti proclama che è stato Dio stesso a ordinagli di fare tutto questo, e a dichiarare sacro il suo harem. Li citiamo:

N. 37: « Ricordi? Tu stavi raccomandando un tale che Dio ave­va colmato di benefici (come, d'altronde, avevi fatto anche tu). Tieniti tua moglie, temi Dio; e al tempo stesso, per rispetto umano nascondevi in seno ciò che Dio avrebbe reso palese. Iddio ha piú diritto degli umani ad essere temuto. E allorquando Zaid ces­sò di trarre intenso godimento dalla sua sposa, noi te l'abbiamo concessa in moglie, affinché per i credenti non sia peccato sposa­re le mogli dei figli adottivi, quando esse abbiano messo a posto ogni cosa, chiarificandola, a loro riguardo. L'ordine di Dio non deve essere discusso » (S XXXIII, 37). (La verità fu un'altra come abbiamo detto: Maometto, impose a Zaid di lasciare la moglie per prendersela lui).

N. 38: « Nulla da rimproverare al nabi (cioè a Maometto) ciò che Dio gli ha comandato; fu comportamento di Dio verso quelli che prima di lui erano vissuti, e comandamento di Dio è decreto immutabile! » (S XXXIII, 38).

N. 50: « Oh tu, nabi! Abbiamo reso lecite per te, proprio per te, le donne alle quali avevi pagato quanto era loro dovuto; le schiave che Dio ti ha concesse come bottino di guerra; le figlie di tuo zio e le figlie delle tue zie dal lato paterno, le figlie di tuo zio e le figlie delle tue zie dal lato materno, emigrate con te. In piú ti abbiamo reso lecito la donna credente che si sia dedicata completamente al nabi, a condizione che il nabi la voglia prendere in moglie. È un privilegio che accordiamo a te, ad esclusione degli altri credenti. Ben sappiamo ciò che abbiamo imposto a loro a proposito delle loro donne e delle schiave, affinché tu non abbia scrupolo alcu­no. E il Dio è colui che perdona, egli è il misericordioso ».

N. 51: « Ti è data la facoltà di rimandare il momento dell'amore a quelle di esse che tu vuoi, e di ricevere presso di te quelle che tu vuoi, e quelle di cui senti desiderio fra le lasciate in disparte; non c'è peccato in questo ».

N. 53: « O voi, proprio voi che credete, non permettete di entrare nei sacri recessi del nabi (a meno che siate stati invitati a un pa­sto: ma pure in questo caso non entrate nel tempo della preparazione). Quando vi si chiama entrate pure. Dopo aver preso parte al banchetto, allontanatevi a uno ad uno, senza entrare in fami­liarità che causerebbero pettegolezzi.

Ciò reca sofferenza al nabi, che rimane imbarazzato avanti a voi (ma Iddio non è mai imbarazzato!). Se chiedete alle sue donne qualche utensile, fatelo dietro una tenda: ciò è piú casto per i vostri cuori, per il loro cuore. Non siate voi causatori di sofferenze al rasúl(*)=(inviato da Dio, profeta che fonda anche comunità) di Dio, né sposate le donne che erano state sue mogli, vedove o divorziate: sarebbe fallo enorme al cospetto di Dio.

N. 57: « Chi addolora Dio e il suo rasúl è maledetto da Dio in que­sta vita; e nell'altra troverà un castigo ignominioso.

Se egli (Maometto) vi darà il libello del ripudio, è molto proba­bile che il Signore lo faccia innamorare di altre donne, certamen­te migliori di voi. Saranno mussulmane, piene di fede, devote... Poco importa se saranno vergini o deflorate » (S LXVI, 5).

Una distinzione fondamentale esiste tra il cristianesimo e l'islamismo: mentre
Gesú si limita ad annunziare e a fare annunziare il Vangelo, Maometto impone il Corano. Lo diffuse col terrore e la guerra, ammazzando e facendo ammazzare quanti non lo accettavano; e nel Corano moltissime volte egli incita i suoi seguaci alla guerra santa, mostrando loro la vittoria o, nel caso che fossero morti, il Paradiso. Basta anche solo leggere la Sura IX dall'art. 38 all'art. 44. Sura(*)= (Il Corano è diviso in sure, capitoli)

A tutto questo dobbiamo aggiungere dei fatti che presso tutti i popoli civili hanno un solo nome: crudeltà. Ne citiamo solo alcuni:

1) Maometto varie volte assalí delle carovane, sotto il pretesto che non erano mussulmane; ma in effetti per impadronirsi dei loro beni, uccidendo i carovanieri. La piú nota è la razzia fatta nel 624.

2) La grossa comunità arabo-giudea in un primo tempo aveva aiutato Maometto contro i meccani. Maometto per ingraziarseli aveva ordinato a tutti i suoi seguaci, come abbiamo visto, di pregare rivolti verso Gerusalemme. Ma quando, però, si proclamò l'ultimo profeta e il suggello dei profeti e gli arabo-giudei gli si ribellarono, Maometto ordinò il loro sterminio; i suoi seguaci li assediarono e sgozzarono tutti i maschi, in numero di 6oo; quindi vendettero le loro donne e i loro bambini come schiavi. Da allora Maometto ordinò di pregare rivolti verso la Mecca.

3) Contemporaneamente a Maometto era sorto un altro «profeta » in Arabia e predicava un altro Corano. Questi si chiamava Eichala ibn Kaab, si era impadronito dello Yemen, uccidendone il governatore e mettendo in grave pericolo l'esclusività della missione profetica e politica di Maometto. Allora Maometto, senza scrupoli, mandò dei suoi seguaci, Rais e Firus, a uccidere il suo antagonista. I due killer, ottenuta la complicità della moglie di Eichala ibn Kaab, s'introdussero nel mezzo della notte nella sala da letto dell'antiprofeta e l'uccisero.

2) Storia o leggende?

Il Corano riporta quali fatti storici tante vecchie leggende. Ne riportiamo alcune:

« Ricordi quel tale che si aggirava desolato per le vie di una città sventrata, dai tetti distrutti? Si preoccupò assai: "Come farà Dio a restituire la vita dopo che è spenta?"
Il Dio lo tenne in stato di morte per cento anni, lo risuscitò, poi lo interrogò: "Quanto tempo sei stato morto?" "Un giorno, o almeno una buona parte di esso". "Invece sei stato morto per cento anni! Cibo e bevanda - guardali! - non sono corrotti; ma il tuo asino, guardalo un po'! Facciamo di te un segno per gli umani: guarda le sue ossa, come le ricostruiamo, come le rivestiamo di carne". Davanti all'eviden­za quel tale si umiliò: "Ora sono veramente convinto che il Dio può tutto!" » (S II, 261).

« Mandò il Dio un corvo, che si mise a scavare nel terreno per insegnargli (a Caino) come doveva ricoprire il sesso del fratello. Gemette: "Wailun a me! Non sarò capace io di imitare questo corvo e di nascondere ciò che non deve essere visto di mio fratello?". Solo allora si pentí » (S V, 31).

« L'esercito di Sulayman (Salomone), composto da spiritelli, da umani e da uccelli fu riunito davanti a lui, fu diviso in battaglioni, e allorché giunse alla
vallata delle formiche, una di esse gridò: "Ehi, formiche, affrettatevi a rintanarvi nei vostri buchi, che Sulayman e il suo esercito non vi schiaccino passandovi sopra, senza vedervi". Sorrise sotto i baffi Sulayman... e passò in rivista gli uccelli; mancava l'upupa e Sulayman si arrabbiò; ma l'upupa, sopraggiunta subito, gli portò la notizia dell'esistenza della regina di Sa­ba » (S XXXII, 17 e ss.).

« Certo, Qarun apparteneva alla gente di Musa (Mosè), ma contro di essa poi si ribellò. Gli avevamo offerto dei tesori, le cui chiavi, da sole, sarebbero state pesanti anche per una schiera di uomini assai forti » (S XXVIII, 76). (Che razza di chiavi!)

« E a Sulayman sottomettemmo il vento. Il vento che percorreva il cammino di un mese al mattino e il cammino di un mese alla sera. Per lui facemmo scorrere una fonte di rame fuso e alcuni spiritelli lavoravano sotto di lui... Poi decidemmo che anche per lui ci fosse la morte, e gli spiritelli non si accorsero della sua scomparsa se non quando videro che l'animaletto della terra aveva rosicchiato il suo bastone ... » (S XXXIV, 12-14).

Nella Sura XVIII il Corano narra come un gruppo di giovanetti credenti, per sfuggire ai persecutori che volevano far loro apostatare la fede in Dio e farli diventare pagani, si rifugiarono nella grotta di Al-Kahf. Ivi
si addormentarono; e si svegliarono dopo 300 anni, credendo di aver dormito un giorno o mezza giornata.

Nella Sura VII, n.163 il Corano dice: « Interroga circa la città sita sulle rive del mare. I suoi abitanti trasgredivano il sabbat: prima di ciò i pesci si presentavano in superficie nel dí del sabbat, mentre nei giorni feriali se ne stavano acquattati nel mare. Noi li provammo cosí perché erano perversi ».

Da quali fonti ha il Corano attinto tutte queste storie? Da leggende popolari, e Maometto le mette nella bocca di Dio. Leggendo le Sure non si può non sorridere: Dio dice a Maometto: « In verità: se qualcuno ti odia diventerà sterile » (S CVIII, 3).

« Ma presso gli uomini c'erano dei maschi che cercavano protezione da spiritelli maschi e quelli aumentavano la loro stupidità » (S LXXXII, 6). È come dire che c'è il vento maschio e il vento femmina.

« Certamente abbiamo creato una quantità considerevole di spiritelli e di uomini per il gahannam » (S VII, 179). Domandiamo al Corano: « Da dove ha appreso tutto questo? » Certamente non dal Vecchio o dal Nuovo Testamento. Lo dice soltanto il Corano. Altrove dice che «
Dio ha creato Saytan, e che protegge anche Saytan » (S XXl, 82). Ma se Dio è buono può fare cose cattive? E Saytan e questi ipotetici spiritelli cattivi come poteva Dio crearli? E come poteva crearli solo per mandarli all'inferno? Invece è la Bibbia che dà la rispota giusta: « Dio creò gli angeli; una parte di essi si ribellarono a Dio. Dio mandò contro di essi l'Arcangelo Michele e li gettò all'inferno »; fu cosí che gli angeli ribelli divennero demoni.

3) Giuramenti

Il
giuramento è un invocare chi è al di sopra di sé quale testimone e garante della verità di quanto si afferma, e un richiederne un severo castigo, finanche la morte, per sé o per persona a sé carissima qualora si dicesse una menzogna o non si facesse quanto si promette.

Giacché Dio non ha nessuno superiore a sé, egli può giurare soltanto per sé stesso. Dice Dio a Mosé: « Non nominare il nome di Dio inutilmente » (Es. 20,7). E dice Gesú: « Non giurate mai; né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, che è sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché tu non puoi fare bianco o nero un tuo capello; ma sia il vostro dire: "si, si; no, no"; quel che vi è di piú proviene dal male » (Mt 5, 34-37)

Invece il
Corano è ripieno di giuramenti, quasi sempre senza senso, fatti, secondo il Corano, da Dio stesso. Ne citiamo alcuni: « Lo giuro per i venti che spargono e per le portatrici di peso, le nuvole, e per quelli che agilmente vogano ... » (S LI, 1-3).
«Lo giuro per il
calamo e per quello che essi registrano» (S LXVIII, 1).
« Lo giuro per la
stella, quando il suo chiarore declina » (S LII, 1).
« Lo giuro per coloro che lacerano con lacerazione intensa, e per quelli che ritirano con levità, e per quelli che scivolano nuotando in modo leggero e per quelli che innanzi vanno gli altri precedendo, e per quelli che le cose dirigono » (S Lxxix, 1-5).
« Verissimo! Lo giuro per le
stelle che filano, che vengono via scopate! Lo giuro per la notte che si abbuia, per l'alba che sua luce alita» (S LXXXIX, 15-18).
« Giuro per i
puledri che vanno a spron battuto, ansimando, che fanno sprizzare scintille scalpitando ... » (S C, 1).
« Lo giuro per il malinconico
tramonto; lo giuro per la notturna oscurità e per ciò che avviluppa e per il plenilunio; salirete per strati successivi » (S 84, 16-19).
« Lo giuro per il
cielo trapuntato di segni zodiacali, lo giuro per il giorno dell'incontro, lo giuro per testimonianze e testimoniato! » (S 85, 1-3).
Lo giuro per il
cielo e per il viandante notturno!... Lo giuro per il cielo che sempre ritorna, lo giuro per la terra quando si apre ai germogli » (S 86, 1 e il + 12).
« Ma no! Lo giuro per questo
territorio urbano (tu sei un cittadino qualunque di questo paese), e giuro per il generante e per ciò che ha generato » (S 90, 1-3).
« Giuro per
l'astro diurno e per il suo splendore! Lo giuro per la luna quando lo segue. Lo giuro per la luce del giorno quando manifesta la gloria solare! E per la notte fosca che di oscurità la tinge!" (S 91, 1-4).
« Giuro per l'avanzata
mattina! Giuro per la tenebra notturna quando stende il suo velo! » (S 93, 1-2).

Potremmo molto continuare a riportare giuramenti simili. Domandiamo a qualunque persona di buon senso: «
Ti sentiresti di fare simili giuramenti dinanzi a chiunque, o, peggio, dinanzi al giudice di un tribunale? Sei sicuro di non far ridere tutti e di non esser preso in giro? Può Dio essere tanto ridicolo da fare simili giuramenti? ».

Nihil obstat quominus imprimatur Cens. Eccl. Pesce Sanctus. Catania, 18 Giugno 1991

Continua in Parte II

IHS

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