Wednesday, 22 June 2011

IL CRISTIANO E L’ISLAM, Parte II

Attenti ai lupi camuffati da agnelli

Continua da Parte I

IV EUROPA: NUOVA FRONTIERA DELL'ISLAM.

1. L'avanzata massiccia dell'Islam.

Come già ai tempi delle invasioni saracene e turche, l'Europa è la nuova frontiera dell'Islam: il quale, ben deciso, a non rinunciare allo spirito missionario della sua fede,
trova qui i parroci che gli spalancano le loro chiese perché siano adibite anche ad uso di moschee. Non si è mai verificato, però, che gli islamici abbiano dato una moschea ai Cristiani per farli pregare!...

Ma c'è di più. Quella che è in atto, come notano gli osservatori più realisti, non è un'immigrazione (fenomeno, dunque, limitato e controllabile), ma una vera e propria migrazione: lo spostamento, cioè, di interi popoli che portano con sé le proprie tradizioni, a cominciare da quelle religiose, cui non vogliono abdicare in alcun modo. Si crede poi ingenuamente (o ad arte?) all'integrazione degli islamici nella società occidentale. Eppure il noto antropologo R. Guidieri ha detto: "
SPESSO LE CULTURE NON OCCIDENTALI NON SONO CULTURE DI ASSIMILAZIONE; SEMMAI LO SONO NEL SIGNIFICATO MAFIOSO, CIOÈ SE TU DIVENTI COME NOI (MUSULMANO), VA BENE, SE VUOI RESTARE DIVERSO, NO". Il che è tutto dire!

Purtroppo i fatti gli dànno ragione. I magrebini a Marsiglia o a Parigi, i pakistani a Londra, i turchi a Berlino, non sanno che farsene delle solite "anime belle" locali che esortano ad una "pacifica integrazione", alla creazione di una "fraterna società multietnica e multiculturale": si chiudono invece nei quartieri che via via occupano e dove ricreano una società islamica chiusa e diffidente verso ciò che è esterno. Dunque non l'unica, multietnica società prospettata dagli utopisti, ma DUE SOCIETA PARALLELE E SPESSO OSTILI.

Anche in Italia come del resto in tutta l'Europa, il fenomeno delle conversioni all'Islam ha messo piede... Le sinistre ed un certo mondo "cattolico" pare stiano facendo di tutto per scristianizzare l'Italia. Il caso della chiesa trasformata in moschea a Palermo ne è un solo, ma preoccupante esempio. Sarebbe molto interessante sapere se qualche Imàn (capo spirituale) musulmano abbia mai fatto trasformare una moschea, sia pure in disuso, in una chiesa cristiana nei Paesi musulmani...

E che dire poi della enorme moschea di Roma (costata più di 80 miliardi di lire!) concepita esplicitamente come sfida del Corano al Vangelo? Questo a ROMA, la "città santa" dei Cristiani! In compenso in Arabia ogni culto che non sia musulmano vi è vietato: il bagaglio dei viaggiatori è perquisito per sequestrarvi libri che non siano il Corano; sotto pena di morte è impedita la celebrazione della S. Messa anche in una casa privata; l'apparizione di una croce in pubblico provocherebbe un linciaggio sotto gli occhi benevoli della polizia.

Le poche chiese costruite nei "tolleranti" Paesi del Golfo Persico hanno dovuto rispettare l'ambiente islamico; quindi niente croci e niente campane!". Il fatto è che l'Islam sta ottenendo con questa immigrazione selvaggia nei Paesi crstiani quello che in tanti secoli di distruzioni e stragi non era riuscito a conseguire.

V. È POSSIBILE UN DIALOGO CON I MUSULMANI?

1. II blocco chiuso della "Umma".

Oggi che i "saraceni" non dobbiamo più andare a cercarli al di là del mare, ma li abbiamo - e sempre più li avremo - in casa, dovremo essere consapevoli (per evitare illusioni e relative delusioni) di una realtà amara, ma confermata da ben 1.300 anni di storia: con l'islamismo è impossibile dialogare.

In questi decenni molti cattolici hanno parlato di "dialogo" sempre e comunque, quasi fosse un magico passe-partout in grado di aprire qualsiasi porta. Checché ne sia delle altre porte, quella musulmana è impenetrabile a questo tipo di chiave. Come dimostra tutta la storia che abbiamo alle spalle. La Umma, la comunità musulmana, è un blocco chiuso innanzitutto perché nega ogni distinzione tra temporale e spirituale: il Corano e gli Hadith, i detti attribuiti a Maometto, sono la base unica non solo religiosa, ma anche sociale e politica.

Sono la fonte perfino del diritto di successione, del "galateo", del diritto elettorale, delle prescrizioni alimentari, delle norme di guerra. In alcuni luoghi (ad esempio, quell'Arabia Saudita che ci hanno chiesto di difendere nella Guerra del Golfo contro Saddam Hussein) per chi abbandona l'islamismo è prevista la pena di morte!

Ma la morte civile è, ovunque nei Paesi Islamici, la condanna di chi lascia quello che non è soltanto un complesso di credenze, ma un modo di vivere, una visione totalizzante del mondo.

2. Che significa "dialogare"?

Questo aspetto è abbastanza noto. Ma forse meno nota è un'altra delle ragioni dell' impossibilità di "dialogo" con un musulmano. Dialogare significa confrontarsi, esaminare insieme all'interlocutore le ragioni reciproche.

Nel caso cristiano-islamico occorrerebbe mettere a confronto Vangelo e Corano.
MA È PROPRIO QUESTO CHE IL MUSULMANO NEGA E NEGHERÀ SEMPRE, SE NON A RISCHIO DI SMENTIRSI, ANZI DI DISTRUGGERSI. Il musulmano afferma di venerare le Scritture degli ebrei e quelle dei Cristiani, ma rifiuta di leggerle: gli basta il Corano. E non soltanto perché è il culmine della rivelazione, il testo che tutti gli altri contiene. Ma perché Maometto lo ha messo in guardia: là dove Toràh e Vangelo non coincidono col Corano, è perché gli Ebrei ed Cristiani hanno falsificato i loro libri! Quanto ciò sia frutto di una ignoranza vasta e sorprendente lo si è già visto. Ma quello che è peggio è che il musulmano evita, perché inutile e dannoso, perfino il dialogo con dei " falsari"...

3. L’Invasione" saracena.

Nel grasso Occidente sono arrivati più di 4 milioni di musulmani. Ed altri ancora ne arriveranno! Limitandoci all'Italia, si registrano trecento nuovi arrivi la settimana dal Magreb (=Algeria, Tunisia, Marocco). I magrebini sbarcano con un regolare visto turistico e si disperdono poi nella penisola italiana. Ogni anno circa 35.000 extracomunitari entrano in Italia. Sono cifre che fanno riflettere!

Che idea hanno i Musulmani di noi europei cristiani? Monsignor Giuseppe Bernardini, cappuccino italiano Arcivescovo di Smirne e presidente della Conferenza episcopale turca, afferma che il dialogo con l'Islam non è difficile, è difficilissimo. "Le Chiese europee se ne accorgeranno presto" - ha detto Monsignor Bernardini - e sperimenteranno sulla loro pelle la forza del proselitismo islamico. Essa agirà su due fronti: sulle persone deluse dalle promesse e non realizzate dal Comunismo nell'Europa orientale, e su quelle sazie ma con l'animo spento nell'Europa Occidentale.

Insomma, agli occhi dei Musulmani noi europei siamo materialmente ricchi, ma spiritualmente poveri e, quindi, "passibili o addirittura bisognosi di islamizzazione". Ed il dialogo? Mons. Bernardini invita a non farsi illusioni! "Sul piano teologico nessun dialogo è possibile. Semmai sul piano pratico.

Salvo evitare errori clamorosi, ad esempio offrire ai Musulmani come luoghi di preghiera le nostre chiese. Da loro verrebbe interpretato non come gesto di generosità, ma COME MANCANZA DI FEDE NELLA NOSTRA STESSA RELIGIONE" (AVVENIRE 5/12/199 1, pag. 13).

Ecco serviti coloro che, con tanta disinvoltura o forse per amore di protagonismo, dànno chiese ai Musulmani per le loro preghiere ad Allàh. Scandalizzano tanti fedeli e, così facendo, anche senza volerlo, "incoraggiano" i Musulmani ad islamizzare i Cristiani.

VI. DIRITTO ISLAMICO E CIVILTÀ CRISTIANA

Già da diverso tempo le numerosissime comunità islamiche stanno facendo di tutto per ottenere - col pretesto di un malinteso "pluralismo" - il riconoscimento del diritto islamico anche in Europa. Quali ne sarebbero le devastanti conseguenze?

1. Individuo e Stato islamico.

Nello Stato islamico c'è una netta contrapposizione tra musulmani e non musulmani. Ai non musulmani viene concesso uno stato giuridico detto dhimma, che prevede pesantissime limitazioni per i dhimmi. Infatti i dhimmi sono esclusi dalle cariche pubbliche, in quanto un "infedele" (un non musulmano, cioè) non può in nessun caso esercitare l'autorità sui Musulmani! Inoltre i non-musulmani non possono mai testimoniare contro un musulmano, essendo il loro giuramento irricevibile. Tale rifiuto si fonda, secondo gli Hadith sulla natura perversa e menzognera dell'«infedele» che persiste deliberatamente nel negare la superiorità dell'Islam. Per la stessa ragione, un musulmano, anche se colpevole, non può essere condannato a morte se è accusato da un " infedele".

È accaduto diverse volte che un dhimmi sia stato messo a morte da un musulmano colpevole. Il rifiuto della testimonianza dei dhimmi è particolarmente grave quando questi - e il caso non è infrequente - vengono accusati di aver "bestemmiato" contro Maometto, delitto punito con la pena capitale. I dhimmi, impotenti a contraddire in giudizio le testimonianze dei musulmani, per salvare la loro vita, si trovano spesso costretti a passare all'Islam. La sanzione che colpisce i Musulmani è attenuata se la vittima è un dhimmi. I dhimmi non possono elevare costruzioni più alte di quelle dei Musulmani, devono seppellire i loro morti in segreto, senza pianti e lamenti; ai dhimmi è vietato suonare le campane, esporre croci, icone o altri oggetti di culto, proclamare davanti ad un musulmano le credenze cristiane.

I dhimmi, inoltre, sono sottoposti con la forza al pagamento di un tributo, giustificato in base al principio secondo cui la terra sottratta dagli "infedeli" all'Islam è considerata appartenente alla comunità musulmana.

2. La schiavitù.

In Europa, se verrà riconosciuto il diritto islamico, avremo anche la schiavitù.
LA SCHIAVITÙ È, infatti, RICONOSCIUTA UFFICIALMENTE DAL CORANO (sura 24, 32 e segg.). Lo schiavo è considerato un oggetto di mercato. La schiava non è solo una serva, ma anche una concubina obbligata del padrone, sulla quale questi ha un diritto di godimento, anche sessuale. Si può diventare schiavi per nascita (!), come nel caso del bambino partorito da una madre schiava, o per conquista, come nel caso del non-musulmano che viene fatto prigioniero di guerra da un musulmano.

3. La poligamia e il ripudio.

La donna viene avvilita profondamente all'interno della famiglia islamica. Com'è noto, l'islam considera la poligamia non solo del tutto legale, ma anzi consigliabile, poiché trova la sua giustificazione nel Corano (sura 4, 3 e 129) e nell'esempio fornito dallo stesso Maometto (10). Il musulmano può avere 4 mogli legali, oltre un numero illimitato di schiave e concubine.

Il ripudio da parte dell'uomo è il caso normale di scioglimento del matrimonio: esso consiste in una dichiarazione unilaterale, immediatamente esecutiva, da parte del marito. Se il marito ripudia la moglie, com'è suo diritto nell'Islam, i figli sono comunque affidati al marito. Anche in caso di morte di questo, non sarà la madre ad allevarli, ma il padre o il fratello del marito. La stampa nazionale ha riportato molti casi di donne italiane, sposate con musulmani, che non hanno più visto i loro figli, letteralmente "rapiti" dal padre. In sostanza, basta che il padre li porti in vacanza nel proprio paese di origine e poi rifiuti di restituirli, perché tutte le garanzie, che la legge italiana offre alla donna e ai figli in caso di separazione, vengano annullate! Le donne riflettano bene su questo! Anche per evitare queste storie laceranti, i vescovi della Commissione triveneta per l'ecumenismo hanno diffuso un appello a tutti i sacerdoti del Nordest: non sposate musulmani con cristiani.

L'Islam stabilisce precise discriminazioni anche nel campo del diritto ereditario, escludendo dalla successione i figli non educati nella fede islamica. "Nella successione ereditaria il padre musulmano non può fare testamento in favore del figlio non musulmano ed il figlio musulmano non può ereditare dal padre non musulmano".

Per di più la donna è inferiore all'uomo o per essere più precisi, ne vale la metà. Perciò in un tribunale due testimoni di sesso femminile ne valgono uno di sesso maschile.

4. Amputazione della mano al ladro!

Il Corano comanda, senza mezzi termini, in base alla sura 5, 38
di mozzare la mano al ladro ed alla ladra. Negli articoli di cronaca i giornalisti omettono di descrivere le atroci modalità impiegate per frenare l'emorragia e soprattutto quale sarà il futuro di un disgraziato privo della mano destra!

Ci si domanda come potranno andare d'accordo aspetti così diversi di mentalità e di costumi nella nostra povera Italia (e in Europa), che un giorno non lontano fosse condannata a subire una società multiculturale. E le inquietanti premesse ci sono tutte... Per questo dobbiamo impegnarci tutti per difendere la fede e la civiltà cristiana se vogliamo che noi ed i nostri figli possano vivere da uomini liberi e non come dhimmi.

VII. L'ISLAM IN ITALIA

1. "Grazie, cardinale Biffi!".

Il cardinale di Bologna, Giacomo Biffi, in un suo intervento ha affermato che uno Stato laico dovrebbe favorire l'ingresso di immigrati più facilmente integrabili nella cultura italiana. Il porporato chiede che "
Il massiccio arrivo di stranieri sia disciplinato e guidato secondo progetti concreti e realistici di inserimento che mirino al vero bene di tutti". Ribadisce che bisognerebbe favorire l'ingresso di immigrati provenienti da popolazioni "cattoliche o almeno cristiane, alle quali l'inserimento risulta enormemente agevolato". Il tutto in base al criterio "laico dell'inserimento più agevole e meno costoso".

Giustamente insiste nel sottolineare le profonde differenze con i seguaci dell'islam, che vengono da noi "ben decisi a rimanere sostanzialmente diversi, in attesa di farci diventare come loro". Ed arriva a chiedere, in base al legittimo criterio della reciprocità, che ai musulmani in Italia sia concesso soltanto ciò che è concesso ai cristiani nei Paesi islamici".

Insistendo sul tema della reciprocità aggiunge: "
Se il nostro Stato crede sul serio nell'importanza delle libertà civili (tra cui quella religiosa) e nei princìpi democratici, dovrebbe adoperarsi perché essi siano sempre più diffusi, accolti e praticati dovunque". Citando una nota della Cei, di sette anni fa, Biffi ricorda che "in diversi Paesi islamici è quasi impossibile aderire e praticare liberamente il Cristianesimo. Non esistono luoghi di culto, non sono consentite manifestazioni religiose fuori dell'islam, né organizzazioni ecclesiali per quanto minime".

"
Per quanto possa apparire estraneo alla nostra mentalità e perfino paradossale, il solo modo efficace di promuovere il principio di reciprocità da parte di uno Stato davvero laico e davvero interessato alla diffusione delle libertà umane, sarebbe quello di consentire in Italia per i musulmani solo ciò che nei Paesi musulmani è effettivamente consentito per gli altri".

Non manca infine nell'intervento del cardinale Biffi un doveroso richiamo a quei cristiani che fanno solo accoglienza e assistenzialismo, senza evangelizzare. La comunità cristiana non deve dimenticare che «
Il Signore non ha detto: predicate il Vangelo ad ogni creatura, tranne i Musulmani gli Ebrei e il Dalai Lama. Chi ci contestasse la legittimità o anche solo l'opportunità di questo annuncio illimitato e inderogabile, peccherebbe di intolleranza nei nostri confronti: ci proibirebbe infatti di essere quello che siamo". Così il coraggioso arcivescovo di Bologna.

I radicali, la sinistra e i Verdi lo hanno accusato di integralismo. Come se si potesse chiamare "integralista" chi invoca il legittimo principio di reciprocità! Viene da chiedersi come chiamerebbero allora quei Paesi islamici in cui è vietato costruire una semplice cappella cristiana o portare al collo un crocifisso! Il senatore M. Ronconi, Ccd, ha affermato: "Il cardinale Biffi manifesta idee condivisibili. Chi oggi non vuole essere complice di un futuro incerto e conflittuale per i nostri figli, non può non chiedere una reciprocità di diritti e doveri fra cristiani e musulmani in Italia, ma anche nei Paesi musulmani. Diversamente non potremo che trarne le dovute conseguenza, che non significano affatto razzismo o xenofobia, ma diritto a difendere ciò che ci appartiene".

Le parole del cardinale Biffi suonano come "
uno schiaffo morale e politico ai governanti cattocomunisti dell'Ulivo ed alla loro irresponsabile politica sull'immigrazione" secondo Mario Borghezio, Lega nord, che parla di "diritto alla difesa della nostra identità culturale e religiosa minacciate dall'invasione islamica.

2. "Guai a me se non evangelizzassi!".

Fa onore al cardinale Biffi il suo coraggio ed il suo senso di responsabilità pastorale. Già prima aveva scritto in una sua ottima nota pastorale: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9, 1 6)... Ogni vescovo consapevole di essere come S. Paolo il maestro della fede... deve sentire come lui il fremito di quel grido terribile... È in atto oggi una violenta e sistematica aggressione al fatto cristiano, che si esprime quotidianamente in qualche nuovo atto di ostilità; e sin­ceramente mi stupisce che la cristianità - almeno quella parte che parla e fa parlare di sé - non sembra rendersene conto in misura adeguata... Di tutto questo il Signore ci ha ripetutamente avvisati. Mentre non sta scritto da nessuna parte la previsione che la predicazione evangelica sarebbe stata caratterizzata da una buona accoglienza generale, da un sereno confronto tra le diverse idee, da un atteggiamento improntato a benevolenza e rispetto reciproco, come pure sarebbe desiderabile.

"
Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18, 8). Non c'è in tutto il Vangelo un interrogativo più inquietante di questo. E mi inquieta molto di più da quando ho la primaria e diretta responsabilità di una Chiesa e di un popolo. Niente è casuale in ciò che ha detto il Signore. Se ha formulato questa domanda e l'ha lasciata enigmaticamente senza risposta, penso che sia per indurci a meditare sul problema della sopravvivenza della fede nella nostra terra e per spronarci a dare tutto il nostro impegno...

"
Chi dobbiamo evangelizzare? La risposta ci viene da Gesù stesso: "Predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mt 16.15). Siamo inclusi tutti; tutti noi cristiani, che nel nostro mondo interiore siamo ancora largamente pagani; e, senza alcuna eccezione, gli altri... A tutti siamo "debitori del Vangelo". Il nostro compito di annunciatori non ha limiti. È intrinseco alla nostra condizione di cristiani che Gesù di Nazareth sia riconosciuto da tutti come il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, il Signore che è risorto ed è il principio di resurrezione. "Da tutti; e dun­que anche dai musulmani che sono venuti tra noi... Aiutarli ad incontrare e ad accogliere l'unico Redentore, questo oltre che esigenza della fede di ciascuno, che deve volere il vero bene del prossimo, è compito proprio e non delegabile di tutto il popolo cristiano... Nessun timore di essere accusati di proselitismo può raggelare il nostro slancio apostolico. Il proselitismo che noi fermamente respingiamo consiste nel non rispettare la libera autonomia delle persone a decidere oppure nel cedere alla tentazione di percorrere le vie della violenza, delle indebite pressioni psicologiche. Noi dobbiamo e vogliamo contare soltanto, oltre che sulla grazia illuminante del Signore, sul fascino naturale che la verità immancabilmente possiede, quando è efficacemente presentata e testimoniata dall'amore che da essa è sostenuto e promosso".

3. "La Chiesa si è mossa tardi".

Monsignor George Marovitch, segretario per Istanbul del nunzio apostolico, nato e vissuto in Turchia, ha espresso il suo disappunto sull'intervento del Cardinale di Bologna: "Le parole di Biffi mi hanno fatto veramente dispiacere: lui vede il problema solo dall'Italia... dovrebbe venire a vedere il nostro Paese per conoscere l'anima della gente".

Stupisce (e non poco!) questa affermazione di mons. Marovitch se si pensa che proprio ad Istanbul, la città dove lui abita, il secolare cimitero cattolico di Yesilkoi, nella periferia sud-est di Istanbul, era via via diventato una sorta di discarica a cielo aperto, lapidi divelte ed abbattute, ogni genere di rifiuti e di erbacce altissime ne avevano praticamente cancellato l'esistenza. Ed è stato solo un gruppo di volontari giunto dall'Italia, in particolare dalle province di Reggio Emilia e Modena, che l'ha ripulito restituendolo alla sua dignità di luogo santo e del ricordo.

Forse il cardinale Biffi non è stato in Turchia, ma padre Alberto Andreani, originario di La Spezia, 86 anni, gli ultimi 60 li ha trascorsi proprio in Turchia. Ebbene padre Alberto è finito in carcere negli anni Settanta, "perché ancora oggi noi non possiamo uscire dalle chiese e la propaganda del culto, a nostro rischio e pericolo, può avvenire solo in momenti privati". Forse il Cardinale di Bologna vede le cose solo dall'Italia, come dice mons. Marovitch, ma monsignor Giuseppe Bernardini, originario di Modena, da 43 anni in Turchia, sicuramente no. Ebbene mons. Bernardini, vescovo di Smirne in Turchia, ha affermato: "
Tre anni fa avevo lanciato lo stesso monito di Biffi. Troppe cose ci dividono dai musulmani". Molto interessante la sua breve intervista rilasciata.

D. Secondo lei, dunque, la Chiesa si è mossa tardi?
R. Certo. Se si fosse mossa prima, non avremmo assistito a reazioni cosi violente... Mi rendo conto che quello di Biffi sia stato un intervento choc e questa chiarezza non me la sarei aspettata.

D. Ritiene che le parole del Cardinale possano frenare il confronto col mondo islamico?
R. Penso che l'abbiano già frenato, ma possono anche diventare la condizione affinché dopo il primo e traumatico momento di arresto, il dialogo possa rifiorire su basi più obiettive e concrete. Non nascondo che sarà un processo lento, ma potrebbe fare finalmente nascere un rapporto più reale ed efficace. E sarà soprattutto l'occasione per fare finalmente piena luce sui punti che ci dividono.

D. Quali, per esempio?
R. Innanzitutto si dovrà fare un discorso anche sull'uomo e sui suoi diritti, non solo su Dio. Dovremo metterci d'accordo su cos'è un essere umano, se un auto­ma creato da un'entità superiore, o un soggetto con intelligenza e volontà libere... e sulla reciprocità di culto, un aspetto perfino drammatico per il quale mi batto da almeno quindici anni. Su tutti questi punti il dialogo con l'islam non è mai decollato: attualmente non la pensiamo alla stessa maniera. Un musulmano che si vuole adattare alla mentalità occidentale, necessariamente entra in conflitto con la propria coscienza e quando Biffi dice che non si adatteranno, ma cercheranno caso mai di adattare noi a loro ha pienamente ragione. Io posso aggiungere appunto che lo faranno per non entrare in collisione con la propria coscienza. Rallentare l'ondata di immigrazione musulmana, in tondo, è un bene per la società europea.

D. Cosa si deve fare per accorciare le distanze che ci separano?
R. Sarebbe già un grandissimo risultato arrivare all'intesa di riconoscerci tutti figli di Dio. Adesso c'è chi lo è più e chi lo è meno, perché il Corano è molto chiaro: i musulmani hanno pieno diritto, cristiani ed ebrei ne hanno solo una parte, perché pur avendo una rivelazione, non hanno la Rivelazione... Nell'Islam non c'è la separazione tra stato e chiesa: è Dio che ha dato il Corano ed il Corano è la sua parola e la sua legge. Non è adattabile alle situazioni, non può subire interpretazioni o revisioni ed anche il tentativo del ministro turco per la religione, Yilmaz, che aveva proposto qualche mese fa in un "concilio" islamico in Bosnia una interpretazione più moderna ed in linea con i tempi del Corano, è stato respinto. Quindi inquadrando il problema in Italia, un domani ci sarà conflitto tra le esigenze religiose della comunità musulmana e quella locale (italiana) che segue la costituzione ed in Chiesa ci va se vuole".

4. "La nostra identità deve essere difesa!"

"Che Gheddafi non abbia inteso bene l'intervento di Biffi è comprensibile. Che il leader della Cgil, Cofferati, abbia definito le parole del Cardinale gravi e non ‘condivisibili’ è sorprendente. Come gran parte dei commentatori, egli non ha colto il punto essenziale: Biffi non ha parlato come uomo di Chiesa, ma come cittadino italiano. Il suo non è un discorso religioso, ma civile. Si rivolge ai responsabili della vita politica ai diversi livelli: Stato, Regioni, Province, Comuni. Li invita a porsi il problema dell'inserimento degli immigrati musulmani nella nostra società italiana. È tutto qui. Bisogna essergliene grati, perché ha richiamato l'attenzione di tutti su un problema sottovalutato.

"La domanda è questa: quale effetto avrà una grande immigrazione islamica nel momento in cui l'Italia registra una caduta preoccupante di quei valori che ne hanno definito la sua identità più vera? Il rischio è quello di confondere il rispetto per le diversità culturali e religiose con lo snaturamento della nostra individualità storica e morale. Come sono validi i criteri di selezionare gli afflussi in base al profilo professionale e alla condizione familiare di chi vuole entrare, così si deve valutare la loro concreta disponibilità ad integrarsi nella nostra vita sociale e culturale. L'esame va fatto sulla natura dei loro princìpi etici e religiosi, e sul fatto di reciprocità da parte degli Stati da cui provengono.

"Non si tratta di preferenze o discriminazioni sotto il profilo religioso. Ci si interroga: gli immigrati islamici, con la loro concezione teocratica e con il loro spirito di conquista, sono i più disponibili ad integrarsi nella nostra società? Oppure non è meglio aprire le porte a chi, per cultura e concezione dello Stato, è più assimilabile al nostro modo di vivere? Garantire la nostra identità nazionale è l'imperativo. Perderla è una sconfitta. È su questo punto che Biffi richiama l'attenzione di quanti si preoccupano seriamente del futuro dell'Italia".

5. "Essere intolleranti è la loro fede".

"
Conosco un vescovo che è stato per molti anni responsabile delle missioni cattoliche nel mondo. Adesso è nella diocesi di Padova, e quando è arrivata la richiesta degli immigrati islamici di avere una moschea, anche lui ha detto: "Diamogliela". Gliel'hanno data. Poi questo vescovo ripete uno dei suoi lunghi viaggi, l'aereo fa uno scalo tecnico in un Paese musulmano e il capitano va tra i passeggeri: "Ci sarà un controllo, le donne si coprano la testa, fate sparire tutto ciò che è sgradito a questo Paese". Quel vescovo dice al capitano: "Io ho solo il Vangelo". "Soprattutto quello: se lo trovano non partiamo più".

"Il rapporto è questo. In casa nostra chiedono di entrare con tutto il loro islamismo, in casa loro non permettono che passi nulla di estraneo all'islamismo. L'islamico in giro per il mondo ha il dovere di mostrarsi islamico. In casa loro il non islamico ha il dovere di nascondersi.

"
Gli italiani convertiti all'islamismo oscillano tra i 60-70 mila, e sono considerati uomini liberi che hanno usato la libertà per cambiare religione. Gli islamici diventati cristiani sono pochi, e dagli islamici sono considerati apostati e in taluni Paesi musulmani l'apostasia è un reato punibile con la morte! Il rapporto del Cattolicesimo con l'islam non è una questione di tolleranza: la tolleranza può permettere la convivenza solo tra compatibili, ma di fronte all'incompatibile o evita il contatto o diventerà uno scontro.

"
Il rapporto tra Paesi europei pieni di immigrati come Italia, Francia, Germania e l'islam, è il rapporto tra Paesi tolleranti ed una dottrina intollerante, che ha nell'intolleranza il nucleo centrale della sua predicazione. Gli europei si considerano fedeli di una religione, quando lo sono, e sentono i fedeli di altre religioni come altri fedeli. Ma gli islamici non sentono i popoli di altre religioni come altri fedeli: per loro ci sono i fedeli (= loro) e gli infedeli (= tutti gli altri). La loro entrata in Firenze, Bologna, Milano, eccetera, non è una loro entrata in un'altra storia da rispettare ed apprezzare per quel che è: ma è l'entrata di Firenze, Bologna, Milano, eccetera nella loro (degli islamici) storia... È questo che si intende, quando si parla di perdita dell'identità nazionale. Questo è il risultato che la sto­ria chiama "sconfitta".

6. Gli immigrati islamici pretendono dall'Italia più diritti che in patria!

L'immigrazione è solo l'anticamera di una vera e propria Invasione religiosa che ha come scopo dl convertire l'Occidente all'islam. In effetti in un dossier firmato dalla giurista Roberta Aluffi Beck-Peccoz per la prestigiosa Fondazione Agnelli, osserva che gli immigrati islamici pretendono dall'Italia più diritti che in patria.

La studiosa ha scoperto che certe richieste delle comunità musulmane sarebbero degli autentici "privilegi". La giurista della Fondazione Agnelli si dilunga per esempio sul "caso esemplare" dei venerdì, giorno di riposo settimanale, richiesta che "sarebbe anche la più difficile da accogliere e gestire sul piano della vita concreta e dell'organizzazione del lavoro. La studiosa osserva che il venerdì di pausa "non ha alcuna valenza religiosa", anzi nella dottrina era "esplicitamente riprovato" come un antropomorfismo da condannare: "Dio non riposa mai".

Il problema dei riposo settimanale si sarebbe posto solo in epoca contemporanea, per adeguare le società islamiche alle regole internazionali di diritto del lavoro. Ma, guarda caso, non il Senegal, la Tunisia ed il Marocco, che rappresentano il bacino di provenienza della gran parte degli immigrati musulmani in Italia. Senegal, Tunisia e Turchia hanno scelto come giorno festivo la domenica. Il Marocco lascia libertà di scelta tra il venerdì, sabato e domenica. Ne risulta pertanto "ingiustificata" la richiesta di riconoscere da noi il venerdì di riposo per i musulmani, o il venerdì d'assenza dalla scuola per gli allievi islamici. Infatti perché in Senegal, Tunisia, Turchia - e in parte il Marocco - il giorno festivo scelto è la domenica, mentre gli Immigrati di questi Paesi in Italia pretendono il venerdì?

Lo stesso vale per l'obbligo della preghiera comunitaria il venerdì, che anche nei Paesi musulmani viene calibrato in modo da non incidere sull'orario di lavoro. Considerazioni analoghe riguardo alla richiesta di ferie straordinarie per il pellegrinaggio alla Mecca (ferie non riconosciute in Libano, Marocco e Turchia), o di riduzione dell'orario di lavoro nel mese di Ramadan. "Non si hanno soluzioni omogenee in questi Paesi - spiega la ricerca della Fondazione Agnelli - e nell'ambito privato le varie soluzioni sono lasciate alla concertazione tra dipendente e datore di lavoro. Eventuali assenze per motivi religiosi vanno comunque recuperate.

Permessi speciali da dieci giorni a un mese solo per i musulmani renderebbero questi ultimi "non concorrenziali sul piano lavorativo". In pratica, potendo scegliere, il datore di lavoro opterebbe per un lavoratore di altra confessione religiosa. Le stesse "pause di lavoro" sono gestite nel mondo islamico dai singoli individui, e distribuite nell'arco della giornata senza effetti sull'attività lavorativa. ' quanto avviene in Iran che è così stranamente islamico". In conclusione, la tendenza a concedere deroghe ai musulmani "non può che nuocere alla loro integrazione e costituisce un vettore di.potenziale disgregazione delle società europee".

Continua nella Parte III

Source:
http://www.preghiereagesuemaria.it/libri/il%20cristiano%20e%20l'islam.htm


IHS

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